La compagnia della Teppa
Protagonista Gasgiott che letteralmente significa “pisellone”
Chi erano quelli della compagnia della Teppa?
Gasgiott che letteralmente significa “pisellone” : un nano che è stato protagonista di una di quelle storie che a Milano dovrebbero conoscere tutti.
Siamo nella prima metà dell’Ottocento e la città langue sotto il dominio austriaco. Dopo la cacciata di Napoleone, Milano, insieme a tutta la Lombardia e il Veneto, si è ritrovata sotto il dominio dell’imperatore Francesco I d’Austria.
Il nuovo governo, conservatore, autoritario, dispotico non tarda ad attirarsi le antipatie dei milanesi.
È in questo esplosivo contesto sociale che si afferma la Compagnia della Teppa: un gruppo di ragazzi, una sessantina circa, quasi tutti rampolli dei grandi nomi della Milano nobiliare o borghese.
Siamo nel 1821. In quel periodo la Compagnia è guidata da un certo Giuseppe Ciani che tutti chiamano Baron Bontemp. Lo scherzo che il capo dei teppisti sta architettando prende di mira tutte quelle fanciulle milanesi di buona famiglia che, attratte dal fascino della divisa, ogni sera fraternizzino con l’invasore senza pudore e vergogna.
La Compagnia si divide in due gruppi. Il primo ha il compito di andare dalle ragazze con la scusa di invitarle a una festa in cui si promette loro che conosceranno nobili e principi.
L’altro gruppo gira invece i bassifondi alla ricerca di persone nane e deformi. Il primo personaggio che la Compagnia recluta è un commerciante di fiori finti, alto meno di un metro,che tutti conoscono come Gasgiott, uno dei nani più famosi della città: collerico e prepotente, oltre che costantemente alla ricerca di femmine con cui accoppiarsi.
Il cuore del piano si svolge in un luogo affittato apposta per l’occasione: Villa Simonetta, una delle più belle e nobili ville della periferia di Milano.
Le ragazze vengono fatte accomodare nel salone più sfarzoso, mentre i loro “spasimanti” in elegantissimi abiti fatti su misura per loro, aspettano dietro a una porta chiusa.
Al Gasgiott e ai suoi deformi amici è stato detto che tutte le ragazze invitate sono delle prostitute lautamente pagate per accontentare ogni loro più recondito desiderio.
Lo scherzo vero e proprio scatta nel momento in cui la porta che divide “prostitute” e “nobili” viene spalancata. Le ragazze, anziché giovani principi, si trovano davanti un gruppo di mostri.
I nani e gli altri, di contro, non trovano prostitute compiacenti, ma ragazze che scappano urlando alle loro sconce proposte.
La situazione presto sfugge al controllo della Compagnia: nessuno ha considerato che un sessuomane come il Gasgiott non possa minimamente accettare un rifiuto. Spuntano così i primi coltelli, e la corte dei miracoli raccolta dai teppisti comincia a diventare violenta nei confronti delle ragazze.
Ci vogliono tutti i componenti della Compagnia per fermare i nani e i deformi ed evitare che la serata degeneri in una violenza di gruppo.
Purtroppo tra le ragazze fuggite c’è la figlia di un nobile milanese molto legato al viceré austriaco, l’arciduca Ranieri d’Asburgo-Lorena. È proprio lui a prendere in mano la situazione e a sostituire le affettuose lavate di capo usate fino ad allora con il pugno di ferro.
In conseguenza dell’incidente di Villa Simonetta la Compagnia della Teppa viene immediatamente sciolta. La maggior parte dei suoi affiliati viene arruolata a forza nell’esercito asburgico e mandata il più lontano possibile da Milano. Chi appartiene a famiglie troppo potenti per essere costretto a servire sotto le armi viene obbligato all’esilio in Svizzera.
Concludo con due 2 curiosità:
1) Il nome della Compagnia deriva dalla parola milanese teppa, che indica il muschio. Gli appartenenti alla Compagnia lo trovano adeguato visto che le loro riunioni si svolgono in uno dei sotterranei del Castello Sforzesco, le cui pareti sono interamente ricoperte di muschio.
La Compagnia della Teppa è finita, ma non muore del tutto: da quel momento in poi il termine teppista entra a far parte del vocabolario italiano per indicare chi compie violenze e atti vandalici.
2) Un’ultima curiosità: in pochi lo sanno ma Milano, tra i tanti primati, era considerata la città dei nani. La presenza di persone affette da nanismo era nettamente superiore a quella di tutte le altre città, tanto che Ugo Foscolo scrisse che era praticamente impossibile passeggiare per le strade cittadine senza incontrarne almeno una.
Quello che è certo è che uno dei più noti detti milanesi si riferisce proprio ai nani: « Piscinin, brut, cativ e sensa murusa », piccolo, brutto, cattivo e senza fidanzata.