Il tabernacolo del Fopponino: un ricordo della peste
uno scorcio macabro del 600 su quella tragedia che fu la peste a Milano
Oggi ti porto in Porta Vercellina per visitare il tabernacolo del Fopponino
A Milano si visse una delle epidemie più terrificanti della storia: la peste del 1630 avvolse la città in una nube di panico e morbo, che verrà raccontata da Alessandro Manzoni nel suo capolavoro e ogni lato della città, per ovvi motivi, fu fornito di un cimitero autonomo.
Il Fopponino di Porta Vercellina, che si trovava al di fuori delle mura spagnole, è un antico cimitero ormai dimenticato da tutti, è uno scorcio macabro del 600 su quella tragedia che fu la peste. In milanese ‘foppa’ significa “fossa”. Infatti la sepoltura dei defunti, fino alla fine del ‘700 avveniva in fosse comuni che, in base alle dimensioni, venivano popolarmente definite “fopponini”, “foppe” o “fopponi”.
Il cimitero fu edificato nel 1576, anno della prima grande epidemia di peste che colpì Milano. Nel 1882 il cimitero del Fopponino col nome di “Cimitero di Porta Magenta” divenne uno dei 5 cimiteri cittadini.
Per seppellire i numerosi morti si era reso necessario costruire numerosi Lazzaretti fuori dalle porte della città, ciascuno con il suo cimitero.
Al termine delle grandi epidemie furono tutti chiusi tranne quello di porta Vercellina che rimase in funzione fino al 1895 e quindi chiuso in seguito all’apertura del cimitero Monumentale (1866) e del Musocco (1887). Il camposanto fu definitivamente soppresso nel 1912.
Si può ancora vedere quanto resta dell’antico cimitero, alcune delle lapidi che vi sono conservate ricordano i milanesi che vi furono sepolti, alcuni anche illustri come il patriota Sciesa, lo scenografo Alessandro Sanquirico, Melchiorre Gioia.
Una lapide posta dalla fondazione Verdi ricorda Margherita Barezzi, prima moglie del maestro Verdi, morta a 36 anni.
La “Cappellina dei Morti” è databile intorno al 1640. E’ una cappella votiva, voluta dalla pietà dei fedeli, che rispecchia ancor oggi la tradizione secentesca del culto dei morti: contiene, infatti, un piccolo ossario a terra, con in vista alcuni teschi dei morti di peste, e un semplice altarino
addossato alla parete di fondo.
All’esterno è sormontata da tre teschi ormai consunti dal tempo dove è ancora leggibile il severo monito inciso nella pietra: “ciò che sarete voi noi siamo adesso, chi si scorda di noi scorda se stesso”.
Oltre al tabernacolo del Fopponino è da vedere, se siete in zona, anche l’antica chiesa del Fopponino che sorge nella stessa area, dedicata ai santi Giovanni Battista e Carlo Borromeo, come è segnalato dalle due statue che ornano il portale del sagrato che si affaccia su piazza Aquileia: Giovanni Battista sul pilastro di sinistra e Carlo Borromeo su quello di destra.