La chiesa di San Siro alla Vepra e l’inquietante fama di Villa Triste
Una residenza in stile neorinascimentale, addossata ai resti di questo edificio religioso.
La chiesa di San Siro alla Vepra e l’inquietante fama di Villa Triste. Chi di voi la conosce?
Chiesa di San Siro alla Vepra
La chiesetta di San Siro alla Vepra che, nel tempo, è stata incorporata in un edificio più recente, è una vera e propria chicca, collegata al presente più moderno.
L’unione della chiesa ad un’abitazione (solo in seguito sostituita da quella che sarebbe divenuta nota come “Villa Triste”) risale al Seicento, quando i proprietari di allora, i Pecchio, decisero di abbattere la parte anteriore dell’edificio per lasciare in piedi solo l’abside.
La chiesa originale è molto antica: le prime notizie che abbiamo risalgono all’885 d.C., quando diede nome all’antico borgo di San Siro, allora alle dipendenze di Sant’Ambrogio, e inserì nel suo nome l’antica denominazione del fiume Olona, che allora si chiamava Vepra.
Oggi la chiesetta, che conserva pitture quattrocentesche e dal 1911 considerata monumento nazionale, appartiene alle Missionarie dell’Immacolata, che la utilizzano per le cerimonie e la aprono alle visite su richiesta.
L’abside è stata recentemente restaurata ed è qui che sono ospitati un’acquasantiera formata dal coperchio capovolto di un sarcofago paleocristiano e gli affreschi; una Crocifissione, con Cristo, la Vergine e Giovanni circondati da santi (fra i quali l’inquisitore Pietro martire) e, nel catino absidale, un Cristo Pantocratore in mandorla fra i simboli degli evangelisti e gli apostoli (notare i visi todi che richiamano alla scuola di Giotto).
Altre decorazioni adornano i due sacelli. Quello di sinistra, in particolare, accoglie le spoglie delle fondatrici della Congregazione, madre Igilda (Giuseppina) Rodolfi e madre Giuseppina Dones.
Villa triste ovvero Casa Fossati
Era il 1943 quando la villa fu requisita dai fascisti all’anziana proprietaria, Adele Mariani Fossati.
L’anno successivo Pietro Koch riuscì a farsi affidare la proprietà e installò uffici, stanze e foresterie per i poco meno dei cento membri del suo gruppo.
La cosiddetta banda Koch era un corpo di polizia, in seno alla Repubblica di Salò, che si occupava di scovare, interrogare, arrestare e detenere sospetti anti-fascisti.
Nel sottosuolo nascose gli orridi antri attrezzati per procurare agli ospiti ogni genere di dolore. Docce bollenti, sedie elettriche, letti chiodati, fruste, mazze, tirapugni, bastoni. I prigionieri venivano denudati, picchiati, umiliati per giorni, affinché rivelassero i dettagli delle loro supposte attività politiche eversive.
Gli abitanti della zona cominciarono quasi subito a chiamare il luogo “Villa Triste” a causa delle strazianti urla che giorno e notte provenivano dai sotterranei della struttura.
Va detto che nessun torturato morì in villa, quando erano moribondi venivano abbandonati in strada o gettati in discariche.
Nel settembre del 1944, il ministro di giustizia della RSI Piero Pisenti, spinto dalle proteste dei cittadini milanesi, da quelle dello stesso arcivescovo Schuster e dall’intervento di Mussolini, ne ordinò finalmente la chiusura.
Pietro Koch, riusci a scappare, nonostante si fosse tinto di biondo i capelli, fu riconosciuto e catturato. Dopo un processo-lampo fu giustiziato da un plotone d’esecuzione il 5 Giugno 1945.
Lascio la chiesa di San Siro alla Vepra e l’inquietante fama di Villa Triste e mi dirigo verso la prossima destinazione…
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